Perry Mason: Recensione del 1° Episodio dell'attesa Serie TV HBO

Perry Mason: Recensione del 1° Episodio dell'attesa Serie TV HBO

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"Pensi che ti siano stati preclusi i piaceri della vita?" 
"Probabilmente". 
"Amore, fascino, fervore?" 
"Mai sentiti nominare"

Los Angeles, anni ‘30. Proiezioni di cinema muto. Il primo episodio di Perry Mason, si apre con uno sguardo dall'alto che si focalizza su di un uomo coperto da un cappello, che porta in braccio un neonato avvolto in una coperta, perdendosi tra archi di violini e partiture jazz di Terence Blanchard. 

L’atto di un riscatto, un bambino in cambio di una valigia piena di soldi e i genitori chiusi nella voce disturbata del criminale. I genitori del piccolo Charlie Dodson, si affrettano a salvare il figlio dai rapitori, lasciato in un vagone lungo la ferrovia de il Volo degli Angeli. Quando recuperano il piccolo, l’orrore nei loro volti sfigurati si specchia e fuoriesce con disperazione perché qualcosa non è andato come previsto...

Mentre il titolo di apertura appare sopra una scena di strada, Perry Mason (Matthew Rhys) cammina attraverso le lettere, come se lo spettacolo avesse urgenza di iniziare, un accompagnamento verso l’azione del protagonista. 

Il primo capitolo è girato lungo atmosfere sinistre, dal capostipite della HBO, Tim Van Patten (The Sopranos, Boardwalk Empire, Game of Thrones), lungo linee di corruzione, tortura, omicidio, nudità, bocche che divorano altre bocche: vanta il pieno complemento delle tecniche del genere noir. 

"Deve riflettere sulle sue azioni, deve decidere che tipo di persona vuole essere, detective Mason".

Perry Mason e i suoi colleghi, arrivano al caso per mezzo del ricco magnate del legname Herman Baggerly (Robert Patrick), un membro della chiesa dei genitori del piccolo ucciso, guidato da una figura carismatica chiamata Suor Alice. Mentre indaga, Mason si imbatte nei detective del dipartimento di polizia di Los Angeles assegnati al caso, creando dissapori e minacce

Il protagonista di oltre ottanta romanzi di Erle Stanley Gardner, la star delle trasmissioni radiofoniche, dei film tv e una serie di lunga data con Raymond Burr, soggetto di una bella canzone di Ozzy Osbourne: Perry Mason ha visto molte incarnazioni dalla sua creazione del 1933. 

Ma la miniserie statunitense, prodotta da Robert Downey Jr., interpretata da Matthew Rhys (The Americans) e proposta dai co-creatori e co-scrittori Rolin Jones e Ron Fitzgerald, non racconta le vicende del famoso avvocato, ma di un detective perso in se stesso, con tutte le debolezze che appartengono all'essere umano, con, da un lato la rabbia che gli implode ed esplode in corpo, e dall'altro una depressione che si assesta feroce nelle movenze del protagonista, rendendolo quasi distaccato dal resto. 

L’uomo fatica a guadagnarsi da vivere ed è tormentato dai ricordi delle esperienze vissute durante il tempo di guerra in Francia e dalle conseguenze di un matrimonio finito male. Un uomo che è come è perché la terribile realtà del mondo gli arriva dritta in faccia. Rhys è la colla che tiene tutto insieme: ogni sguardo, espressione e gesto dell’attore gallese, sembrano fatti di stanchezza, di un vuoto cosmico che lo pervade.  

"Tutti fanno qualcosa, tutti hanno un parte nascosta, e tutti sono colpevoli".

C'è una interessante tempestività in questo primo episodio, che concepisce il personaggio protagonista ostacolato, e talvolta, insanguinato da detective della polizia corrotti, mentre insegue un caso attraverso le oscure strade di Los Angeles dell'era della depressione.

Perry Mason è, a prima vista, uno show che comprende la gravità di ciò che ha scelto di presentare sia al suo protagonista che al suo pubblico. Ci si dimentica del Perry Mason del passato per scoprirne uno nuovo. Ascolti record al debutto. 

Il primo episodio è pieno dello spirito della narrativa poliziesca noir. Giustizia e verità sono estranei che passano in un vicolo buio ma tendono alla luce.
Lo spettatore si ritrova a voler vederci chiaro e quindi a proseguire la visione.

madforseries.it

3,5
su 5,0

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