La Recensione di 1899, la nuova Serie TV targata Netflix - Friese e Odar colpiscono ancora!

Scritto da: Roberta GrecoData di pubblicazione: 

“Non sono gli occhi a vedere, ma noi a vedere attraverso gli occhi”, scrive Platone nel settimo libro della Repubblica, raccontando il Mito della Caverna, secondo il quale esiste un dualismo tra la realtà che ci circonda, concreta e sincera e quella delle nostre idee e convinzioni, talvolta illusoria e compromessa.
Come modello, il filosofo ateniese parla di una caverna al cui interno gli uomini che la abitano scorgono delle ombre. La maggior parte di essi si accontenta di conoscere quella parte del mondo mentre uno solo di loro va alla ricerca di ciò che c’è oltre: la possibile, ignota e nuova dimensione al di là delle cose note.

Partendo da questo archetipo, i creatori di Dark, uno dei più grandi successi seriali degli ultimi anni, Jantje Friese e Baran bo Odar danno vita a 1899, la nuova serie televisiva disponibile su Netflix a partire dal 17 novembre, realizzata in collaborazione tra Germania e Stati Uniti d'America.

“Ciò che si è perso sarà ritrovato”, recita una frase di una lettera che Maura (Emily Beecham), una donna inglese con alle spalle degli studi di medicina psichiatrica, rilegge dopo essersi svegliata da un incubo, il 19 ottobre del 1899 nella cabina di prima classe del Kerberos, una nave diretta in America. A condividere il suo viaggio, una coppia di novelli sposi, Lucien (Jonas Bloquet) e Cleménce (Mathilde Ollivier), una madre e una figlia, Yuc Je (Gabby Wong) e Ling Yi (Isabella Wei), due fratelli, Ángel (Miguel Bernardeau) e Ramiro (José Pimentão), il capitano della nave, Eyk (Andreas Pietschmann), una famiglia ai piani bassi, l’equipaggio e molti altri ancora.

L’incredibile e vario universo linguistico è senza dubbio una delle conquiste e dei punti di forza dello show. Difatti, con una tensione crescente, il ritmo che incalza e la trama che infittisce, assistere al modo in cui i personaggi - quasi tutti di nazionalità diversa - comunicano fra loro, si scontrano fra loro, piangono e ridono fra di loro, si abbandonano a difficili e profonde riflessioni gli uni con gli altri è un immenso esercizio di stile.

Già con la primogenita Dark, i due sceneggiatori tedeschi avevano dato prova di una grande maestria nel maneggiare un intreccio seriale, servendosi di molteplici dimensioni, viaggi nel tempo, corsi e ricorsi storici, riuscendo, all’epilogo, a percorrere un ciclo finito e a donargli senso compiuto, dando risposta a quasi tutti i punti di domanda srotolati lungo il percorso.

Stavolta, Friese e Odar plasmano una storia drammatica, in costume, gialla e insieme noir, fantascientifica e psicologica servendosi di un’ambientazione statica dal punto di vista creativo e senza apparenti vie di fuga: una nave in mezzo al nulla.

In questa partita, i cavalli di Troia transitano in ogni dove; gli indizi più importanti, infatti, sono messi in ombra da quelli fallaci ad eccezione che di una solo: la piramide, l’origine, la Caverna che compare più e più volte nel corso degli episodi. È lo stemma della Compagnia proprietaria della nave, è il ricamo sul kimono di Ling Yi, è parte della montatura degli orecchini di Clémence.

Il sistema in cui dimensione religiosa e spirituale, critica sociale e rimandi filosofici fanno sia da trama che da sfondo nella relazione orizzontale tra personaggi aventi tutti un passato celato, un buon motivo per intraprendere la traversata dell’Oceano Atlantico e che si muovono in una direzione che sembra decisa già in partenza è estremamente notevole. Questi ultimi sono le perfette pedine che ogni Matrix meriterebbe. Tutti i ruoli conservano una propria identità indossata egregiamente e allo stesso tempo sono parte di una coralità impeccabile e sincronica, degna dell’antico, catartico teatro greco. Certamente, nelle prossime stagioni li si vedrà uscire fuori dalle righe verso il percorso a loro destinato con ingegno ed eleganza, come già accaduto con Dark.

Per finire, fotografia, color palette, intro e, in generale, colonna sonora, strizzando sempre un po' l’occhio al passato - d'altronde ognuno possiede un tratto distintivo - sono parte integrante e fondamentale della buona riuscita del primo capitolo di 1899.

Un cast conosciuto, multietnico e multilinguistico, un apparato formale impeccabile e una trama che è una terribile gatta da pelare a scacchi fanno da 1899 il secondo prodotto ben riuscito dei creatori di Dark

Sperando che quest’ottimo potenziale non resti incompiuto, il giudizio non può che essere estremamente positivo.

madforseries.it

4,5
su 5,0

Continua a leggere su Mad for Series

Articoli consigliati

Informativa

Noi e terze parti selezionate utilizziamo cookie o tecnologie simili per finalità tecniche e, con il tuo consenso, anche per "interazioni e funzionalità semplici", "miglioramento dell'esperienza", "misurazione" e "targeting e pubblicità" come specificato nella informativa sui cookie. Il rifiuto del consenso può rendere non disponibili le relative funzioni.

Puoi liberamente prestare, rifiutare o revocare il tuo consenso, in qualsiasi momento.
Puoi acconsentire all'utilizzo di tali tecnologie utilizzando il pulsante "Accetta". Chiudendo questa informativa, continui senza accettare.