Fedeltà: Recensione della nuova Serie TV Italiana targata Netflix

Fedeltà: Recensione della nuova Serie TV Italiana targata Netflix

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Come accadde già con Victor Fleming, celeberrimo regista di Via col vento (1939) ed in verità anche prima, molto di ciò che vediamo ancora oggi in televisione, al cinema o sul piccolo schermo non è basato su una sceneggiatura originale ma su un romanzo, un monologo e così via. Per esempio, alcuni affezionati fan della saga di film Harry Potter non hanno mai letto neanche uno dei libri di J.K. Rowling su cui è basata la storia o, ancora, pochi sanno che la riuscitissima miniserie La Regina degli Scacchi è tratta dall’omonimo romanzo di Walter Tevis edito nel 1983. 

Questa legittima scelta da parte del pubblico può rivelarsi sia positiva che negativa: nel primo caso, quando non si sa nulla del prodotto non si hanno neanche grandissime aspettative nei suoi confronti mentre il secondo caso si verifica, per esempio, quando i personaggi che hanno fatto compagnia al lettore nel silenzio della sua casa o alla fermata dell’autobus perdono di fascino e di motivazione una volta giunti sul grande schermo. 

Poiché le statistiche dimostrano che la società attuale è sempre meno interessata a leggere e sempre più vogliosa di guardare e basta (e anche in fretta) e considerato poi, che una serie televisiva seppur basata su un romanzo può e dovrebbe essere analizzata come prodotto unico, la recensione di Fedeltà che seguirà sarà esente dai riferimenti letterari legati al romanzo omonimo di Marco Missiroli su cui è basata la storia.

Il titolo

Per quanto non si dovrebbe mai giudicare un disco dalla sua copertina o una persona dal suo modo di vestire poiché, citando testualmente, l’abito non fa il monaco, il titolo di una serie TV, oltre a raccontare già qualcosa dell’argomento o a porre l’accento da parte degli autori o della produzione su alcuni temi portanti dello show, può rappresentare una mossa strategica per accattivare il pubblico.
Questo è certamente il caso di Fedeltà, la cui unica scarna piccola parola possiede la molteplicità del peso e degli aspetti di tanti altri idiomi. 

D’altro canto, nonostante si tratti di una palese intestazione da clickbait è anche un’arma a doppio taglio, in quanto ci si aspetterebbe - una volta pigiato - di vedere delineati, con una minuzia di particolari ed espressioni, tutte le emozioni, le fasi, gli esempi e le sensazioni che questo grande concetto sintetizza. Cosa in cui, certamente, la nuova serie TV Netflix non fa centro.

La storia

Carlo (Michele Riondino) e Margherita (Lucrezia Guidone) sono una coppia giovane, sposata da pochissimi anni che vive in un bilocale di Milano. Lui è uno scrittore e un professore universitario di materie umanistiche e lei un agente immobiliare.
Tutto nel loro quotidiano sembra indicare un sereno matrimonio fino a quando le strade dei due si separano a causa di insoddisfazioni personali, bisogno di comodità e accattivanti distrazioni.

La presa sul pubblico

Due giovani adulti, senza figli e con ancora molta voglia di affermarsi individualmente che in una città caotica e all’avanguardia finiscono per sentirsi risucchiati, tentati e incerti. Una ragazza brillante (Carolina Sala) e con un passato difficile che si sente maggiormente compresa dal suo docente piuttosto che dai suoi coetanei. Una coppia di amici sgangherata (Maurizio Lastrico e Sara Lazzaro) che riesce a superare le difficoltà e che tenta di aiutare anche i due protagonisti nell’impresa. Due genitori benestanti, la madre (Luisa Maneri) che asseconda le scelte artistiche del figlio e il padre (Maurizio Donadoni) – uomo di scienza – che si sente deluso e senza qualcuno a cui passare il testimone. Una figlia che superati i trent’anni innalza paragona ancora i suoi genitori (Maria Paiato) agli dei e quando scopre la polvere sotto al tappeto finisce per avere un tracollo tipicamente adolescenziale. 

È tempestivo insomma, anche agli occhi dei più scarsamente perspicaci che questa serie televisiva non ha davvero nulla di innovativo e, fin qui, tutto ciò non  rappresenterebbe per forza qualcosa di negativo visto che per gli spettatori può essere commovente o divertente guardare qualcosa di tanto comune e vicino alla loro quotidianità. 

Il problema è che nonostante il buon potenziale, i dialoghi discretamente scritti e una buona fotografia, Fedeltà racconta molto poco sia dei suoi personaggi che delle relazioni che questi intessono a vicenda. Malgrado la serie TV si faccia seguire tranquillamente e senza sbadigli e con un finale che inevitabilmente strappa il sorriso, lungo il suo corso non vengono mai raggiunti elevati picchi di tensione, suspense, risata, entusiasmo, gioia o libido, motivo per il quale sicuramente una platea con gusti poco commercializzati e meno nostrani possibile non sarebbe disponibile per un rewatch.  

Altro punto a favore/sfavore di Fedeltà è l’insindacabilità evidente che il soggetto di questa serie televisiva sia – per la maggiore - opera di un uomo, in questo caso Alessandro Fabbri (in prima linea però, Marco Missiroli). La donna sposata che dimentica le sue ambizioni nel corso del matrimonio e l’istruito letterato che vive la vita alla maniera di un romanzo e che ringrazia per gli elementi di tragedia come Kurt Cobain perché gli servono da ispirazione, nel 2022 poteva uscire soltanto dalla penna di un uomo. 

Per quel che riguarda il cast, quest’ultimo è stato scelto perfettamente. Nessuno degli attori sembra trovarsi al posto sbagliato a partire dai due protagonisti la cui performance è ben riuscita. Inoltre, una peculiarità di questa serie televisiva e che non è presente in tutti i prodotti italiani è la perfetta armonia dei personaggi: sulla scena, parlano tutti lo stesso linguaggio e vanno tutti nella medesima direzione anche se ciascuno di essi riesce a ritagliarsi la sua zona personale. E di questo il merito va oltre che alla bravura degli interpreti ad Andrea Molaioli, Stefano Cipani e Chiara Della Longa, registi e primo aiuto regista e ad eventuali acting coach

La colonna sonora è Verosimile di Arisa. Il brano e le musiche in generale, ad opera di Teho Teardo si sposano bene con il tema della serie TV e con i bei piani sequenza in cui protagonista è Milano, una delle due ambientazioni di Fedeltà.

Nonostante l’armonico e azzeccato cast, gli interessanti dialoghi, la piacevole fotografia e le coerenti scelte musicali, Fedeltà fa capolino proprio nell’intento più importante: la bellezza del suo racconto. Rimandato.

madforseries.it

3,0
su 5,0

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